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Agevolazioni assunzioni donne: chi può beneficiarne? guida INPS

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Con la Circolare n. 32 del 22 febbraio 2021, l’INPS ha fornito le prime indicazioni circa lo sgravio contributivo introdotto dalla Legge di Bilancio al fine di incentivare l’assunzione di donne lavoratrici per il biennio 2021-2022.

La Legge di Bilancio 2021 ha previsto all’articolo 1, comma 16, che:

“Per le assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022, in
via sperimentale, l’esonero contributivo di cui all’articolo 4, commi da 9 a 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92, è riconosciuto nella misura del 100 per cento nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui”

L’agevolazione per le assunzioni donne è pertanto uno sgravio contributivo nella misura del 100% fino ad un importo massimo di 6.000 euro per i datori di lavoro che assumono lavoratrici donne nel biennio 2021-2022.

Tuttavia, possono beneficiare di questa agevolazione, soltanto i datori di lavoro che assumono donne residenti nelle regioni del Sud Italia disoccupate da almeno 6 mesi o da almeno 24 mesi, se residenti nel resto d’Italia.

Inoltre, il riconoscimento dell’esonero contributivo è subordinato al requisito dell’incremento occupazionale netto, calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedenti.

Vediamo più in dettaglio di cosa si tratta e quali sono le istruzioni fornite dall’INPS.

assunzione donne
Agevolazione assunzione donne: guida INPS

Chi può beneficiare dell’agevolazione per le assunzioni donne?

Possono beneficiare di questa speciale agevolazione, i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, compresi i datori di lavoro del settore agricolo.

L’esonero contributivo in oggetto non trova applicazione nei confronti delle pubbliche
Amministrazioni, individuabili secondo l’elenco di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Pertanto possono beneficiarne:

  1. gli enti pubblici economici;
  2. gli Istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti
    pubblici economici;
  3. gli enti che per effetto dei processi di privatizzazione si sono trasformati in società di
    capitali, ancorché a capitale interamente pubblico;
  4. le ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato, in quanto prive dei
    requisiti per trasformarsi in ASP, ed iscritte nel registro delle persone giuridiche;
  5. le aziende speciali costituite anche in consorzio, ai sensi degli articoli 31 e 114 del
    decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
  6. i consorzi di bonifica;
  7. i consorzi industriali;
  8. gli enti morali;
  9. gli enti ecclesiastici.
    Sono, al contrario, esclusi dall’applicazione del beneficio:
  10. le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le
    Accademie e i Conservatori statali, nonché le istituzioni educative;
  11. le Aziende ed Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
  12. le Regioni, le Province, i Comuni, le Città metropolitane, gli Enti di area vasta, le Unioni
    dei comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane o di arcipelago e loro consorzi e
    associazioni;
  13. le Università;
  14. gli Istituti autonomi per case popolari e gli ATER comunque denominati che non siano
    qualificati dalla legge istitutiva quali enti pubblici non economici;
  15. le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
  16. gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali. Nel novero degli enti pubblici
    non economici nazionali, regionali e locali sono da ricomprendere tutti gli enti indicati
    nella legge 20 marzo 1975, n. 70, gli ordini e i collegi professionali e le relative
    federazioni, consigli e collegi nazionali, gli enti di ricerca e sperimentazione non compresi
    nella legge n. 70/1975 e gli enti pubblici non economici dipendenti dalle Regioni o dalle
    Province autonome;
  17. le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale;
  18. l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche Amministrazioni (ARAN);
  19. le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
    Sono ricomprese nell’ambito delle pubbliche Amministrazioni e, pertanto, non possono fruire
    dell’esonero in oggetto, le Aziende Sanitarie Locali, le Aziende Sanitarie Ospedaliere e le
    diverse strutture sanitarie istituite dalle Regioni con legge regionale nell’ambito dei compiti di
    organizzazione del servizio sanitario attribuiti alle medesime.
    Sono, inoltre, compresi nelle Amministrazioni pubbliche gli istituti pubblici di assistenza e
    beneficenza (IPAB) e le Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP), comprese quelle
    derivanti dal processo generale di trasformazione di cui al decreto legislativo 4 maggio 2001,
    n. 207, in presenza di determinati requisiti.
    Nel novero degli enti che non possono fruire dell’esonero contributivo rientrano, infine, la
    Banca d’Italia, la Consob e, in linea generale, le c.d. Autorità Indipendenti, che sono
    qualificate come Amministrazioni pubbliche in conformità al parere n. 260/1999 del Consiglio
    di Stato, nonché le Università non statali legalmente riconosciute qualificate enti pubblici non
    economici dalla giurisprudenza amministrativa e ordinaria (cfr. Cass., SS.UU., n. 1733 del 5
    marzo 1996 e n. 5054 dell’11 marzo 2004, nonché Consiglio di Stato n. 841 del 16 febbraio
    2010).

Per quali lavoratrici spetta l’agevolazione?

Possono beneficiare dell’agevolazione:

  • Donne con almeno 50 anni di età e disoccupate da oltre dodici mesi;
  • Donne di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi.
  • Donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
  • Donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. Al riguardo, si precisa che, ai fini del rispetto del requisito, occorre considerare il periodo di 24 mesi antecedente la data di assunzione e verificare che in quel periodo la lavoratrice considerata non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata a un contratto di durata di almeno 6 mesi ovvero un’attività di collaborazione coordinata e continuativa (o altra prestazione di lavoro di cui all’articolo 50, comma 1, lett. c-bis), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, c.d. TUIR) la cui remunerazione annua sia superiore a 8.145 euro o, ancora, un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo lordo superiore a 4.800 euro. Pertanto, ai fini del riconoscimento del beneficio in trattazione è richiesto o uno stato di disoccupazione di lunga durata (oltre 12 mesi) o il rispetto, in combinato con ulteriori previsioni, del requisito di “priva di impiego”. Con la locuzione “privo di impiego” definita dal decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 17 ottobre 2017, che individua i lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati. Tale nozione, come specificato dal richiamato decreto, nonché dalla citata circolare n. 34/2013, si riferisce a quei lavoratori svantaggiati che “negli ultimi sei mesi non hanno prestato attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi ovvero coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione.

Quali sono i rapporti di lavoro incentivati?

rapporti di lavoro incentivati sono:

  • Assunzioni a tempo determinato;
  • Assunzioni a tempo indeterminato;
  • Trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato;
  • Part-time e subordinato “in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro, ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142”;
  • Somministrazione sia indeterminato che determinato.

Non potrà invece essere richiesto l’esonero contributivo per rapporti di lavoro intermittente, di apprendistato o domestico.

Con riferimento alla durata del periodo agevolato:

  • In caso di assunzione a tempo determinato, spetta fino a 12 mesi;
  • In caso di assunzione a tempo indeterminato, spetta per 18 mesi;
  • In caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato, è
    riconosciuto per complessivi 18 mesi a decorrere dalla data di assunzione.

L’incentivo spetta anche in caso di proroga del rapporto fino al limite complessivo di 12 mesi.

Il periodo di fruizione dell’incentivo può essere sospeso esclusivamente nei casi di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, consentendo, in tale ipotesi, il differimento temporale del periodo di godimento.

Misura dell’agevolazione

Lo sgravio contributivo trova applicazione per le assunzioni/trasformazioni effettuate nel biennio 2021-2022, ed è pari all’esonero dal versamento del 100% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di importo
pari a 6.000 euro annui.

Nelle ipotesi di rapporti di lavoro a tempo parziale, il massimale dell’agevolazione deve essere proporzionalmente ridotto.

Si ricorda, in particolare, che non sono oggetto di sgravio le seguenti contribuzioni:

  • il contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore
    privato dei trattamenti di fine rapporto;
  • il contributo, ove dovuto, ai Fondi di cui agli articoli 26, 27, 28 e 29 del decreto legislativo 14
    settembre 2015, n. 148, nonché al Fondo di solidarietà territoriale intersettoriale della Provincia autonoma di Trento e al Fondo di solidarietà bilaterale della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige e al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del
    sistema aeroportuale;
  • il contributo previsto dall’articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, in
    misura pari allo 0,30 per cento della retribuzione imponibile, destinato, o comunque
    destinabile, al finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua.
    Vanno, inoltre, escluse dall’applicazione dell’esonero le contribuzioni che non hanno natura
    previdenziale e quelle concepite allo scopo di apportare elementi di solidarietà alle gestioni
    previdenziali di riferimento, per le quali si rinvia a quanto già previsto, da ultimo, dalla
    circolare n. 40/2018.

Nei casi di trasformazione di rapporti a termine ovvero di stabilizzazione dei medesimi entro 6 mesi dalla relativa scadenza, trova, peraltro, applicazione la previsione circa la restituzione del contributo addizionale dell’1,40 per cento prevista per i contratti a tempo determinato.

Condizioni richieste

L’esonero contributivo è beneficiabile a condizione:

  • Regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale;
  • Assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e
    rispetto degli altri obblighi di legge;
  • Rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o
    aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
    comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
  • Applicazione dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione.

L’esonero contributivo non spetta ove ricorra una delle seguenti condizioni:

  1. L’incentivo non spetta se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione;
  2. L’incentivo non spetta qualora l’assunzione violi il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine che abbia manifestato per iscritto – entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto;
  3. Non spetta se presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione sono in atto sospensioni dal lavoro connesse a una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati a un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in unità produttive diverse da quelle interessate dalla sospensione (art. 31, comma 1, lettera c).
  4. L’incentivo non spetta con riferimento a quelle lavoratrici che sono state licenziate nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulta con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo (art. 31, comma 1, lettera d).

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